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lunedì 10 gennaio 2011

LE FIABE


Avete un bambino che la sera non vuole andare a dormire neanche con una flebo di Tavor ben avviata in vena? Il consiglio più comune, gentilmente offerto da chi ha figli affetti da narcolessia irreversibile, è quello di raccontare una fiaba fino a quando sicurameeeente il piccolo sprofonderà in un sonno tranquillo. Un sonno tranquillo?!? Ma le avete mai lette le favole? Pensate sul serio che raccontare ai bambini quel genere di storie possa conciliare il sonno e addirittura assicurare un riposo sereno?

Citiamo, ad esempio, la favola di Pelle d’Asino. Narra di una principessa rimasta orfana in tenera età. La madre, una donna di rara avvenenza, in punto di morte fa promettere al re di risposarsi soltanto a patto di trovare un’altra moglie bella quanto lei. Dopo il trapasso, il re viene preso da una depressione acuta. Non riesce a trovare nessuna donna graziosa come la moglie defunta. Un bel giorno si accorge che la figlia, ormai adolescente, somiglia alla madre come una goccia d’acqua e viene colto da un dissennato desiderio di sposarla. La figlia, per fuggire alla follia del re, chiede aiuto alla fata madrina, che le consiglia di accettare il matrimonio a patto che egli riesca ad esaudire dei desideri impossibili da realizzare. Il re riesce a soddisfare tutte le sue richieste, chiaramente: la stessa sfiga che scorazza nei cartoni animati la fa da padrona anche nelle fiabe. L’ultima carta da giocare per salvarsi dal suo insano volere è chiedergli di uccidere il suo asino preferito e di regalarle la sua pelle. Nonostante il somaro sia in grado di trasformare l’acqua in monete d’oro, il re non esita a far uccidere e scuoiare il povero animale. Ovviamente. La ragazza, allora, fugge lontano, indossando la pelle d’asino in modo da non farsi riconoscere da nessuno; poi, trova lavoro in una fattoria come guardiana di porci e vive per anni nascosta come una delinquente. Il suo unico conforto è dato dall’indossare, lontana da occhi indiscreti, i gioielli e gli splendidi vestiti che ha portato con sé al momento della fuga.
Malgrado il finale a lieto fine (il solito principe azzurro che la salva e se la sposa) la fiaba contiene nell’ordine:

1) La consueta dipartita precoce di uno dei genitori (nello specifico: la mamma, fa più audience).
2) Il concetto di vanità.
3) La follia portata dalla depressione.
4) L’incesto.
5) La violenza sugli animali.
6) L’esilio.
7) Il mito del principe azzurro (un personaggio capace di rovinare l’esistenza delle donne dalla preadolescenza alla menopausa).

Diteci, ora: questi sono argomenti da snocciolare con serenità mentre si tenta di far addormentare un bambino? A sentire queste storie verrebbero gli incubi anche a noi, che non abbiamo più tre anni da un pezzo… ma le tematiche inquietanti non finiscono qui. Le fiabe ne nascondono diverse, ce n’è per tutti i gusti. Come per i personaggi dei cartoni animati, anche alle varie Cenerentola e compagnia bella la vita non regala nulla. Il requisito fondamentale per essere un personaggio da fiaba è quello di aver perso entrambi i genitori o, nella migliore delle ipotesi, di vivere in condizioni di schiavitù sotto le grinfie di matrigne crudeli. Possibile che i papà delle fiabe, solitamente facoltosi mercanti o sovrani di territori smisurati, capaci di gestire immense ricchezze, si rincoglioniscano improvvisamente tanto da non riuscire a trovare una seconda moglie decente?

Perché le principesse rimangono orfane di madri bellissime, dolcissime e amorevoli e, prima ancora di riuscire a metabolizzare il lutto, devono per forza ritrovarsi in casa delle orribili megere, che sarebbero pronte ad uccidere le figliastre a roncolate senza provare il minimo rimorso? Va bene che senza un pizzico di sofferenza in più la fiaba non riuscirebbe ad intrecciare una trama avvincente, ma perché dipingere questi poveri padri come dei deficienti e, soprattutto, perché decidere sempre di far fuori le mamme?

Altra qualità essenziale per essere un personaggio da fiaba è quella di essere povero o di avere genitori (nel caso più unico che raro in cui siano ancora vivi) che, non potendo permettersi il tuo mantenimento, decidono di sperderti nel bosco. Ma non un bosco comune, noooo! Mammina e papino scelgono con cura una foresta fittissima di alberi tutti uguali, con un dedalo di sentieri intricati e un fiume non navigabile che non ti consentiranno mai di ritrovare la strada di casa. Pollicino e i suoi fratelli ne sanno qualcosa, ma anche Hansel e Gretel, fra un’iniezione d’insulina e un’altra, potrebbero raccontare la loro…

Le foreste, anche se vengono utilizzate per abbandonarci i bambini, sono luoghi meravigliosi, popolati da uccellini cinguettanti, teneri cerbiatti dagli occhi di velluto, fiorellini multicolore e funghi a pois; ma sono anche dimora abituale di orchi puzzolenti, gnomi dispettosi, trolls dall’aspetto orrendo, lupi malvagi golosi di bimbe e nonne sprovvedute. Quindi, ricapitolando: se vivi nelle fiabe sei orfano, povero, maltrattato dalla matrigna, alla costante ricerca della strada per ritornare a casa, inseguito da lupi, orchi e gnomi malefici. Se sei un tipo davvero fortunato, potresti anche assistere in diretta allo sparo che rende orfano Bambi o al taglio cesareo del lupo cattivo che dona nuova vita a Cappuccetto Rosso e alla Nonna.

Se sei il personaggio di una fiaba, sei destinato, prima o poi, ad una lenta morte per denutrizione. Non puoi mangiare il risotto con i funghi perché sono avvelenati, non ti puoi avvicinare alla casetta di zucchero e marzapane perché ci abita la strega cattiva, non puoi addentare le mele rosse altrimenti cadi stecchito e vegeti in una bara di vetro a sperare che alla fine passi di lì un principe pomicione a salvarti dal sonno eterno.

Quindi, ricapitolando, sei orfano, povero, maltrattato, alla ricerca della strada per ritornare a casa e senza tom tom sono cacchi, inseguito da loschi personaggi, testimone di pratiche truculente e anche perennemente affamato. Eccheccavolo! Alla faccia del sonno tranquillo!

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