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lunedì 25 aprile 2011

TAGLI ALLA SCUOLA PUBBLICA, UNA MAESTRA RACCONTA

Gli insegnanti vivono in generale la peggiore delle dittature: quella di non disporre di mezzi e risorse per svolgere al meglio il loro delicatissimo mestiere. Prigionieri di un sistema che non consente loro alcuna libertà d'azione, reagiscono, si ingegnano, si sforzano di offrire il meglio ai nostri bambini. Un anniversario come quello di oggi ci sembra la data più opportuna per riflettere su questo argomento: riusciremo mai a liberarci del problema dei tagli alla scuola pubblica?

Ecco cosa ci racconta in merito Sara, una maestra che ha voluto regalarci una sua testimonianza:

Salve a tutti!

Sono la mamma di due meravigliose bambine di sei e quattro anni. Sannita doc, vivo e insegno nella scuola primaria a Roma da undici anni poiché non ho avuto la possibilità di inserirmi in ambito lavorativo nel mio paese. Dopo tanti anni di gavetta, mi ritrovo ancora ad essere una precaria! Ho solo trentasei anni ma per i sacrifici che ho fatto a volte me ne sento cinquanta… Mi rendo conto che esistono situazioni ben peggiori della mia, però vorrei sfatare la leggenda secondo la quale "fare la maestra"sarebbe un privilegio in termini di orario e ferie. Forse trent’anni fa era così, ma oggi le cose sono decisamente cambiate.

Mi sono fatta le ossa lavorando in diverse zone della capitale, ho gestito bambini con problematiche di ogni genere, ho vissuto realtà dure e contesti familiari assai difficili. Quest'anno lavoro in una piccola scuola dove mi sono state assegnati l’insegnamento dell’inglese, il compito di sostenere i piccoli in difficoltà e le discipline laboratoriali dove ogni alunno dovrebbe vivere in un ambiente “aperto” esperienze gratificanti, maturare la consapevolezza di se, stimolare e sviluppare la creatività, le emozioni ed i sentimenti. Ma organizzare al meglio le cose non è semplice, visto che non dispongo di strumenti, materiali e strutture adeguate.

Evito di addentrarmi nel capitolo degli edifici scolastici non a norma perché mi perderei in una disquisizione senza fine, ma evidenzio un unico dato: le aule sono così piccole che i bambini hanno persino difficoltà negli spostamenti, con buona pace della legge 626.
E’ ormai arcinoto che la scuola pubblica non viva una stagione facile. Il presente, già complicato, sembra dover cedere il passo ad un futuro ancor più opaco. L’aspetto più grave della faccenda è che viviamo il tutto nella quasi totale indifferenza.

Il bene educativo, ritenuto a buon diritto da tutta la comunità internazionale l'investimento strategico essenziale per il futuro di ogni Paese, in Italia è considerato una "spesa eccessiva"da dover assottigliare ogni anno. La ministra Gelmini parla di qualità della scuola...Sinceramente non trovo la forza di commentare il suo operato, o meglio, evito di farlo perché rischierei di trascendere.

La scuola è vista come un'azienda che produce. I dirigenti scolastici, da bravi manager,devono far quadrare il bilancio. Il bambino affetto da qualche problematica costa e il “manager” deve contenere le spese. Non sono previsti insegnanti di sostegno per i bambini con disturbi del linguaggio o affetti da lieve ritardo, ma solo per le gravi patologie.

Anche il supplente costa, quindi spesso mi ritrovo a dover gestire bambini di diverse classi che si aggiungono ai miei piccoli. Non è semplice, visto che nella mia classe ci sono tre bambini che necessitano di particolare attenzione. Per non parlare poi del momento dell'uscita! Ma chi conosce i genitori dei bambini di altre classi? O peggio ancora, chi ne è responsabile?

Nonostante le difficoltà cerco sempre di assicurare ai miei alunni un anno scolastico ricco di esperienze dense e significative, capaci di sostenere ed arricchire la loro crescita. Leggo nei loro occhi che il mio lavoro un senso ce l’ha, che i miei sforzi non sono vani, che apprendono, imparano, crescono. La maggior parte della classe apprende con facilità, ma gli altri? Vivo la frustrazione per non riuscire a fare abbastanza per gli alunni che, pur essendo intelligentissimi, al termine dell’anno scolastico non riescono ancora a leggere. La loro difficoltà ha un nome: dislessia. Io mi impegno, seguo dei corsi specifici per poterli assistere al meglio, rubando spazio alla mia vita di donna, alle mie figlie. Ma non è abbastanza…

Karl Popper diceva:" Non ci sono discipline ma solo problemi e l'esigenza di risolverli”. Siccome io lavoro con "materia umana" non posso accettare la situazione attuale che prevede ulteriori tagli nella scuola che non "PRODUCE" ma "FORMA" l'individuo.
Le difficoltà non mi hanno mai scoraggiata e anche quest'anno mi sono reinventata come maestra. I miei bambini non potranno avere il massimo, ma neanche il minimo. Sono tendenzialmente fiduciosa in un cambiamento positivo, o forse sostanzialmente ottimista. Ma nei momenti particolarmente complicati mi domando, sia come mamma che come insegnante, riusciremo mai ad organizzare un'unità di intenti necessaria per non privare i nostri figli delle opportunità di crescita e sviluppo a cui hanno diritto?

La risposta non è semplice, ed è sempre doloroso per una maestra non avere risposte.

Un bacio a tutti i genitori, e ovviamente ai bambini.
Con affetto, Sara.

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