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venerdì 3 dicembre 2010

DI CARTONI ANIMATI E ORFANI A GOGO'


Ci avete fatto mai caso? Nei cartoni animati i genitori non hanno vita facile, o meglio, vengono sterminati in massa come se una crudele entità suprema avesse deciso un genocidio della categoria. Non stupitevi se un giorno il vostro angioletto vi chiederà: «Mamma, ma perché tu e papà siete ancora vivi?».
I personaggi dei cartoons non hanno mai i genitori, ma proprio mai! A partire da Lady Oscar, che viene tirata su a colpi di fioretto da un padre misogino (la madre ce l’ha, ma non si capisce bene che fine abbia fatto), si arriva ad un nutrito elenco di sfortunate signorine che popolano più o meno allegramente gli orfanotrofi: Anna dai capelli rossi, Peline e la più famosa Candy Candy che, senza uno straccio di amica, è ridotta a confidare il suo amore impossibile per Terence ad un procione.

Remì, il re dei rifiutati, (ditemi chi alla parola “orfanello” non assocerebbe subito il suo nome!), si guadagna la vita mendicando spiccioli nei vicoli con la sua attività di artista di strada. Anche i genitori di Heidi passano a miglior vita. La piccola, una volta ripudiata pure dalla zia, viene affidata ad un nonno misantropo, costretta a mungere caprette e a dormire su uno scomodo pagliericcio per il resto della sua grama esistenza. Ma lei è contenta, sì. È decisamente contenta, perché quella dell’orfana tutto sommato è una gran bella professione. Ride, tenacemente. Anche quando pesta una cacca addormentata nei verdi pascoli, lei ride. E mentre si rotola nel fieno, le caprette le fanno ciao e le sorridono i monti. Ride, perché per reggere una vita del genere e quel ridicolo taglio di capelli sicuramente si fa di crack, e pure in modo pesante. Neanche il mondo degli animali è risparmiato dalle stragi familiari: l’Ape Maia e l’Ape Magà (Aaaaaaah! Strabiliante fantasia degli sceneggiatori!), orfane di razza, combattono ogni giorno contro mantidi religiose e calabroni assassini, clementi come tirannosauri a digiuno.

E Simba ha uno zio...come dire... birichino che gli fa fuori il padre, tra l’altro facendo ricadere su di lui la colpa dell’omicidio, motivo per cui il piccolo leone è costretto a scappare dal branco per poi andare a vivere con un facocero canterino, trasformarsi in un vegetariano goloso di larve e insetti, avendo nel cuore la convinzione netta di vivere una vita felice. Ritorna a casa in età adulta e ritrova la savana un tempo rigogliosa trasformata in una steppa sterile. E succede che soltanto un istante prima di entrare in analisi, perché ci stava seriamente pensando da un po’, non essendo mai riuscito a superare il senso di colpa per il presunto parricidio, scopre che è stato lo zio a scaraventargli il padre giù da una rupe. Ed ecco che s’affretta a disdire l’appuntamento con lo psichiatra, riacquista fiducia in sé stesso, riconquista il suo regno e, mentre lo zietto finisce sgranocchiato dalle iene, lui si limita a limarsi gli artigli con noncuranza.

Guardando a tempi più vicini, scopriamo che Lilo è orfana di entrambi i genitori, fa a botte con le amichette, è sotto la supervisione di un assistente sociale che vuole toglierla alla custodia della sorella e ha come unico compagno di giochi un extraterreste isterico, frutto di un esperimento scientifico. Il pesciolino Nemo, poi, viene privato della madre da un feroce barracuda, ha una pinna trofica e vive con un padre ipocondriaco privo del senso dell’umorismo. Nonostante tutta la sua soffocante attenzione, il papà riesce a perderselo nell’oceano. Pur rischiando la vita in svariate occasioni alla ricerca di suo figlio, il padre di Nemo ha il buon gusto di salvare sempre la pelle, evitando così di andare a fare compagnia alla moglie defunta e di fare del suo piccolo un orfano a tempo pieno. Chicken Little non è da meno: è orfano di madre, privo di talento sportivo, cresciuto da un padre che lo considera un bugiardo patologico, bistrattato dai compagni di scuola, amico di un porcello obeso e di un pesce dalla dubbia intelligenza, e per giunta è fidanzato con una papera racchia.

E vogliamo parlare de L’era glaciale, dove la mamma del cucciolo d’uomo affoga nel tentativo di salvare la sua creatura dall’attacco delle tigri dai denti a sciabola? Il piccolo deve sorbirsi per tutto il cartone un periodo di convivenza forzata con un mammut scorbutico, nonché la compagnia di un bradipo sciroccato e di un feroce felino. Fortunatamente viene poi riaffidato alle cure del padre: ma sempre orfano rimane! Restando in tema di preistoria, come non ricordare il povero Riù, una sorta di albino in un mondo popolato da uomini con la pelle scura? Privo anche lui di genitori, per tutta la serie è inseguito da un tirannosauro che non ha altro scopo nella vita se non quello di papparsi lo sfortunato ragazzotto, che a dirla tutta, non è neanche ‘sto bocconcino succulento: passare l’esistenza a trottare lo ha ridotto a un sorcio anoressico. Come se non bastasse, tutti lo odiano perché è l’unico ad avere la pelle candida come la neve. Perciò, è costretto a vivere in completa solitudine o quasi, nessuna tribù è disposta ad accoglierlo. I preziosi insegnamenti per la vita che se ne traggono sono due:

1) Se sei diverso, nessuno ti vuole bene.
2) Il razzismo ha radici ataviche.

Anche i genitori di Saetta McQueen non si capisce bene che fine abbiano fatto. Però, visto che si tratta di un’automobile, qui la cosa sembrerebbe avere un minimo di senso.

Citare tutti i capolavori sfornati finora dai geni del settore sarebbe impossibile, ma ciò che li accomuna tutti è un dato di fatto inquietante: i cartoni animati sono pieni di orfani, al novanta per cento privi della madre. Le mamme vengono falcidiate da malattie fulminanti, eventi violenti, detenzioni ingiuste, che le portano ad una lenta morte per crepacuore. Sconvolgono il dato statistico che attribuisce alle donne un periodo di vita più lungo di quello degli uomini e spesso si compiacciono di mostrare il momento in cui le poverette escono per sempre di scena. Il cartone più esplicativo in questo senso rimane da sempre quello di Bambi, che inizia proprio con la confortante immagine della mamma presa a schioppettate dal cacciatore. Ha traumatizzato generazioni di bambini; anche il cinquantenne più insensibile ha fissa nella memoria la sequenza di quegli spari e non può fare a meno di singhiozzare in ricordo dello shock subito in tenera età. Non a caso in Svezia ne hanno proibito la proiezione.

Non vorremmo apparire esagerati, ma tutto questo parlare di genitori morti temiamo possa convincere i bambini che mamma e papà debbano precocemente passare a miglior vita. Il che, facendo le corna, è purtroppo un’eventualità plausibile, ma… perché angosciarli con un’evenienza che ci auguriamo tutti si compia con la massima serenità e, possibilmente, nel calduccio del nostro letto, dopo aver spento la nostra centunesima candelina?

3 commenti:

  1. Sapessi che Mezz'ora mi hai fatto passare! Non ricordo da quanto non ridevo così tanto! Grazie davvero! :)

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  2. Grazie a te, Gianluigi, per aver letto e commentato.
    Torna a trovarci quando vuoi; il nostro scopo è regalare sorrisi ai bambini di ogni età. Lietissimi che questo pezzo ti sia piaciuto.

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  3. Navigavo in rete alla ricerca di una risposta sulle morti precoci dei genitori nei cartoni e nelle fiabe ed ho trovato questo pezzo divertentissimo.
    Grazie!

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